La Storia di Cuneo di Gennaro Russo
Prefazione del libro
Sono quasi certo che pochi cittadini di Cuneo conoscono, sia pure per sommi capi, la storia della loro città.
Fino a qualche anno fa, ero uno di questi, poi la voglia di documentarmi mi è venuta quando nel 1979 fu cambiato il nome della Via dove abito: la Via Passatore di Madonna dell’Olmo divenne, infatti, Via della Battaglia.
Ebbe così inizio il mio amore per la storia di Cuneo. Desideravo conoscere tutto quello che c’era da conoscere sulla battaglia che, in quel lontano 30 settembre 1744, si combattè a Madonna dell’Olmo.
Le mie ricerche sull’argomento furono premiate con la pubblicazione su due settimanali di Cuneo.
Da allora la curiosità è rimasta, tanto che ho ampliato il campo delle mie ricerche sulla storia di questa città e quindi mi sono posto obiettivi più vasti.
Le mie letture mi consentono ora di rispondere ad alcune domande sulla storia di Cuneo:
come si è formato l’altopiano dove sorge Cuneo?
Quando nasce Cuneo?
Dove abitarono i primi Cuneesi?
I quartieri dell’antica Cuneo.
Via Roma senza i portici.
Cuneo si espande e nascono i portici.
Cuneo dalla nascita al primo assedio.
Gli assedi.
Gli aneddoti curiosi nel periodo degli assedi.
La figura leggendaria del Barone Leutrum.
Le fortificazioni.
Perché e quando le mura della città furono abbattute.
Dai libri che ho letto (troverete in calce buona parte della bibliografia da me consultata) ho preso degli appunti sulle principali notizie che avevano suscitato il mio interesse; nella paziente raccolta di dati e notizie mi è stato di grande aiuto l’utilizzo del mezzo informatico.
Alla fine mi sono trovato con il testo che troverete sotto riportato che propongo alla lettura dei Cuneesi e non Cuneesi che amano la storia di questa Città.
È evidente che quanto ho scritto è tratto dagli autorevoli libri che ho letto. Avrò commesso sicuramente degli errori di interpretazione, sia di date, che di fatti e di questo mi scuso sin d’ora con il lettore.
Buona lettura.
Cuneo, 8 luglio 2006
Gennaro Russo
La Storia di Cuneo fino al 1801
Come si è formato l’altopiano sul quale sorge Cuneo?
Cuneo sorge su un altipiano alluvionale che, milioni di anni fa (3,5-1,8) era un’area costiera, in quanto il mare, che occupava tutta la pianura padana, arrivava fino a Fossano.
Le deformazioni, i movimenti geologici (neotettonici) e il glacialismo hanno fatto elevare ed abbassare i livelli dei fiumi e conseguente deposito o erosione nelle pianure.
L’emersione del territorio dove poi sorgerà Cuneo avvenne, con alterne riprese, in un intervallo di tempo da 3 a 0,7 milioni di anni fa, interessando il rilievo alpino e settori che già emergevano dal mare.
Con la fine delle glaciazioni, il disgelo ha portato a valle ciottoli, rocce e sabbia, il classico terreno alluvionale o morenico.
Con il passare di migliaia d’anni, i due fiumi Stura ad ovest e Gesso ad est si sono scavati i loro alvei congiungendosi a nord della piattaforma, lasciando un altipiano (terrazzo fluviale) a forma di cuneo dove poi è nata la città di Cuneo
Tutti gli scavi più profondi, che da sempre sono stati eseguiti in città, hanno confermato che il terreno è alluvionale, l’ultima riprova si è avuta con gli scavi effettuati per il passante Est-Ovest.
Nel circondario di Cuneo, la conformazione del terreno è identica a quella di città, dimostrazione eloquente si ebbe vicino alla frazione Ronchi ad inizio degli anni sessanta, negli sbancamenti necessari alla costruzione dello stabilimento Michelin.
Con l’orogenesi si è formato l’anfiteatro delle montagne del circondario. A parte il massiccio cristallino dell’Argentera e del Matto, una parte dei monti circostanti è nata dal mare. Si possono trovare conchiglie nei pressi di Valdieri, nella valle Gesso; altre si trovano ai laghi Làuzanier (da Lausa ardesia, nier colorazione scura) a circa 2000 metri slm, nei pressi del colle della Maddalena, in territorio francese. Con la fantasia, possiamo affermare che l’altipiano dove si trova Cuneo è come il palmo di una mano le cui dita formano le vallate che si congiungono nella pianura!
Questo altipiano su cui sorgerà Cuneo, anticamente era coperto da boschi di quercia e latifoglie che offrivano rifugio a molti animali selvatici.
La “nuova Villa”, non può vantare resti romani, è stata trovata soltanto una lapide di un militare della coorte dei Britanni di nome Catavino sceso dalla Rezia (antica provincia romana delle Alpi centrali, regione attuale dell’Austria) deceduto mentre la sua unità, nell’anno 69, stava marciando su Roma, sepolto nell’oltre Gesso ove era stata ritrovata e conservata su di una casa in Contrada Mondovì.
Il territorio di Cuneo era allora “Il passaggio per…” altrove. Le grandi strade
più vicine passavano da Pedona (nei pressi dell’attuale Borgo San Dalmazzo), da Caraglio che in circa 500 anni cambia tre volte nome: nel 984 Chadralius, nel 1164 Cadralius, nel 1475 Cadralius, mentre con Forum Germanorum era probabilmente identificata, in epoca romana, l’attuale frazione di San Lorenzo di Caraglio.
Da Pedona e Caraglio si poteva andare a Pollenzo (Pollentia) con l’ancora attuale Via Monea oltre Stura sempre da Pedona con la Via Monea oltre Gesso si poteva andare ad Augusta Bagiennorum e al mare.
Quando nasce Cuneo?
Cuneo nasce su un luogo atto alla difesa: posto alla confluenza del Gesso e della Stura a forma appunto di cuneo, inaccessibile da duelati ed attaccabile solo da Sud.
Nella Chronicon imagins mundi del XIV secolo, di Fra Jacopo d’Aqui, “la nuova Villa” è così descritta:
“Quidam rustici in unum congregati, cupientes venire ad libertatem, faciunt grossam in formam triangularem inter Sturam et Gecium et illam vocant Cuneum”. Ovvero: “Alcuni contadini, riunitisi insieme (in un sol luogo), desiderosi di giungere alla libertà, fondano un villaggio (contrada, borgo), di forma triangolare tra la Stura e il Gesso e lo chiamano Cuneo”.
Si deve aspettare fino l’anno 1000, per avere il primo insediamento stabile ed i primi abitanti sull’altipiano cuneese. Ma già in età romana era abitato, come dimostra la centuriazione (divisione dei campi in regolare forma quadrata), senza abitati consistenti.
Il cronista storico Giovanni Francesco Rebaccini, dottore in legge, nato a Cuneo, nella sua opera “Chronica loci Cunei”, scritta nel 1484, nella traduzione di Della Chiesa, così descrive l’altopiano della nuova Villa:
“….il luogo dissegnato a guisa di un cuneo da l’istesso dissegno nominarono Cuneo………rendeva adatto il luogo la salubrità dell’aria. Infatti da una parte il sole splendeva ad oriente, dall’altra a mezzogiorno e le altre due parti risultavano pure ottime. Ai due fianchi scorrevano acque limpidissime, sia per uso degli uomini come degli animali, tanto per irrigare i campi come per far girare i mulini e tutti i macchinari mossi dall’acqua. tutt’intorno si stendevano amene pianure ed un’elevata scarpata dalla quale si potevano scrutare da lontano i viandanti”.
È certamente leggendario il racconto dell’origine della “Villa” di Cuneo, tramandato da Rebaccini, per la rivolta popolana di Caraglio contro un tentativo, da parte del signorotto locale, di esercitare un suo preteso “ius primae noctis”.
In occasione di questo tentativo di violare la fanciulla dal nome Cecilia, i futuri abitanti di Cuneo si sarebbero ribellati e concentrati sul Pizzo di Cuneo, chiedendo all’Abate di S. Dalmazzo di Pedona, padrone del luogo (lo storico Lorenzo Bertanodice: “questa gente fabbricava sul suolo altrui”) la protezione e l’appoggio per fondare una nuova Villa.
In realtà i primi abitanti di Cuneo furono persone che arrivavano oltre che da Caraglio anche da Vignolo, Montemale, Quaranta (presso San Benigno), in fuga verso il promontorio di Cuneo, come meta e rifugio della loro ribellione alle angherie dei Marchesi di Saluzzo.
Abbandonavano la propria casa, le proprie terre per vivere liberi senza sudditanza, perché non volevano più sottostare a forti limitazioni, per quanto riguarda il diritto di disporre di se stessi e dei propri figli, trasferire la residenza, sposarsi.
Il vincolo personale di sudditanza li obbligava a chiedere l’autorizzazione al “signore” per le scelte private che intendevano fare. Autorizzazione che poteva essere concessa o meno e, se concessa, implicava normalmente il pagamento della prestazione d’opera o nel castello oppure del versamento di congrua cifra in denaro.
È del 1198 il primo atto che testimonia, con certezza, l’esistenza di Cuneo in base all’accordo stipulato il 23 giugno fra la nuova comunità e il Comune di Asti.
Il 23 giugno, a Romanisio (insediamento scomparso, si trovava nei dintorni di Fossano verso la frazione Gerbo), i Consoli Pipino di Vignolo, Berardo di Valgrana e Peire (Pietro in occitano) Rogna, firmarono in nome di tutti gli uomini che abitavano sul Pizzo di Cuneo e di quelli che in futuro sarebbero venuti ad abitare, un patto con Asti per assicurare al nuovo comune aiuto e protezione.
I tre consoli, che agivano con il consenso dell’Abate di San Dalmazzo, si accordarono con il podestà astigiano Alberto de Fontana: viene stabilito che i Cuneesi sono da considerarsi cittadini di Asti, in cambio dovettero comprare una casa in Asti del valore di 50 lire di denari di Genova.
I Cuneesi esentavano gli Astigiani da ogni pedaggio, li avrebbero affiancati negli eserciti e nelle spedizioni militari, sarebbero stati difesi e protetti dalla potente Asti.
L’ampia fascia del territorio del pizzo alla confluenza tra Gesso e Stura alla vigilia della fondazione della “villanova” di Cuneo non pare abbia avuto nuclei abitati o un proprio nome particolare, sì da conferirlo al nuovo insediamento, contrariamente a quanto avvenne nei casi dei vicini Mondovì, Fossano, e Cherasco.
I più antichi documenti che citano gli uomini venuti qui ad abitare sono illuminanti, non fanno riferimento a centri abitati, ma alla caratteristica geomorfologica del sito: homines de Picio Cunij, ecclesias de Piço de Cuneo. Questa diede il nome al nuovo abitato: infatti, contemporaneamente comparve nell’uso la forma abbreviata che ebbe subito fortuna e presto prevalse: in foro Cunei in domo Giraldi Fee (1203), illis de Cuneo (1204), homines […] Cunei (1204), homines Cunei (1206), possint offendere et guerriare Cuneum si voluerint (1209),apud locum Cunei (1210).
Dove abitarono i primi Cuneesi?
I primi insediamenti di Cuneo, vanno a collocarsi nell’area delimitata dalle attuali: Via Chiusa Pesio, Via Alba e Via Teatro Toselli e attorno all’antica chiesa di San Giacomo, dove l’andamento curvilineo delle strade testimonierebbe la nascita della nuova Villa, questa zona offriva una difesa naturale in quanto vicina all’alto terrazzo fluviale denominato “Rivasso”.
La “Contrada Mondovì” costituiva la “Platea”; in origine il consiglio comunale si riuniva nella chiesa di San Giacomo, poi nella contrada di Mondovì, verso il 1248, fu costruita la “Casa del Comune”, diventerà più tardi il “Palazzo del Comune” e successivamente il “Palazzo di Città” con il “Cioché d sità”.
All’estremo della contrada o platea fu edificata una chiesa, Santa Maria, detta poi “della Pieve” (venne demolita dopo il 6° assedio di Cuneo del 1744 per far posto all’ampliamento delle fortificazioni).
Dal libro di Piero Camilla “Cuneo 1198-1382” a pag. 115 e 116 notiamo che negli anni in cui i primi documenti parlano del Pizzo di Cuneo (1198 e 1200) gli abitanti erano meno di un migliaio; nel 1259 arrivano tra 1.200 e 1.500. Nel 1282 arrivano a 1.600 persone, soltanto nel periodo Angioino la popolazione di Cuneo arriva a 4.795 persone a conferma che la dominazione angioina fu un buon periodo per la crescita della popolazione ed è ricordato nella cronaca come il tempo del buon Re Roberto d’Angiò morto nel 1343.
Due anni prima del 6° assedio, nel 1742 gli abitanti saranno 10.266, con un aumento in circa 400 anni di 5.471 persone.
I quattro quartieri dell’antica Cuneo.
San Francesco, Nostra Signora del Bosco, S. Ambrogio, San Giacomo
Osservando il centro storico di Cuneo si può notare che la strada principale, l’attuale Via Roma (denominata anticamente platea, poi Contrada Maestra), divide il cuneo in due parti da Nord a Sud: clapa Gecii e clapa Sturie. La parte verso la Stura era a sua volta divisa nei due quartieri di San Francesco a nord e di Nostra Signora del Bosco (attuale Cattedrale) a sud; quella verso il Gesso aveva a nord il quartiere di S. Dalmazzo (nel XVI secolo detto poi di S. Ambrogio) e a sud il quartiere di San Giacomo.
Tutti i quattro quartieri erano divisi da vie dette Ruate che portavano recta via alle porte di uscita dalla villa.
Il termine Ruata passò ad indicare il gruppo di case che stava lì attorno, divenne cioè sinonimo di quartiere all’interno della villa e poi di borgata all’esterno.
Le strade presero il nome di “Carrubium” in seguito “Contrade”
Le strade trasversali, che vanno da Est e Ovest e viceversa, non sono ortogonali come la Cuneo che nascerà dopo l’abbattimento delle fortificazioni, ma a spina di pesce rispetto Via Roma.
Questo criterio di costruzione delle strade, che era forse dovuto per dover seguire la curvatura delle mura di difesa, ha portato due vantaggi. Il primo ha dato i sui frutti nel periodo gli assedi: le palle dei cannoni, durante i cannoneggiamenti, al massimo potevano fare danni su un solo fronte di strada e mai colpire contemporaneamente da Est ad Ovest e viceversa.
Il secondo vantaggio, che è tuttora riscontrabile, in inverno nella Cuneo Storica, il freddo è minore di quanto potrebbe essere con strade perfettamente ortogonali.
Il maggior edificio della Cuneo del trecento era il castello, costruito nel 1289 presso la porta vecchia di Borgo è andato distrutto nel 1454.
La casa comunale [palazzo comunale] dalla Contrada Mondovì troverà sistemazione nella platea, cioè nell’odierna Via Roma e vicino troverà posto dopo il 15 giugno 1317 anche la torre civica; nel suo portico si rendeva giustizia.
Fatto curioso, la torre civica ai cuneesi non costò nulla perché fu costruita a spese di Monteregale (l’odierna Mondovì), come conseguenza di una sconfitta militare.
Di fronte alla torre civica e in mezzo alla platea, era situato il “Pellerino” (andato distrutto con l’assedio dei Francesi del 1557, comandati dal maresciallo Carlo Cossé duca De Brissac), era una loggia sorretta da otto colonne ad uso di mercato, nella quale esercitava il suo ufficio il collettore della gabella del sale, si vendevano all’incanto i pegni, si punivano i bestemmiatori e si esponevano al ludibrio i falliti.
Nei quasi due secoli di esistenza, Cuneo si era battuta per salvaguardare i propri statuti, le proprie consuetudini. C’erano delle regole per ripartire equamente le tasse (fodrum) tra i cittadini (dal 1259 erano divisi in tre classi) e per amministrare la giustizia.
Le pene per coloro che avevano commesso dei delitti erano di estrema gravità, per esempio colui che, restando in Cuneo, avrà trattato con nemici pagherà un banno di 100 lire; se non potrà pagare perderà un piede od una mano a sua scelta.
Al bestemmiatore veniva inflitto un banno di 20 soldi, se non poteva pagare, doveva ricevere quattro grosse secchie d’acqua addosso presso il banco del “pellerino”.
Chiunque uccida sarà ucciso e se scappa può essere liberamente ucciso da chiunque lo incontrerà senza incorrere in pena.
Nessuno può portare in Cuneo armi pericolose; l’unica consentita è il gladio la cui massima lunghezza può essere di un piede e mezzo (45 cm. Circa) equivalente alla lunghezza della laca segnata sulla sbarra nel portico della curia.
Il colpevole di percosse, in caso di perdita di una mano o di un piede del suo rivale avrà anch’egli la stessa mutilazione.
Chiunque, dopo il suono dell’ultima campana delle guardie, sia sorpreso di notte in casa altrui, può liberamente essere ucciso dal padrone di casa, anche se non ha commesso furti.
Le Chiese.
Le chiese esistenti nel 1246 erano: Santa Maria poi detta del Bosco che ha preceduto l’attuale Cattedrale, S. Giacomo in contrada Mondovì, S. Ambrogio in origine si trovava nei pressi della porta Caranta; con la costruzione della Cittadella venne ricostruita al posto della chiesa S. Defendente. Dal 1709 al 1743 venne poi edificata nella posizione attuale. Vanno ancora ricordate le chiese di: Santa Maria della Pieve allo sbocco della Contrada Mondovì, S. Michele e S. Maria de Ruata Bahennis scomparsa, ma in Cuneo, riferita alla Ruata Bahennis.
Successivamente sorgeranno le chiese di S. Antonio, S. Giovanni, S. Francesco e Santa Chiara.
Cuneo si espande e nascono i portici.
Con il passare degli anni, Cuneo si espande sul piano edilizio, fino al punto da non avere più possibilità di ampliarsi perché essendo diventata una cittadella con fortificazioni, tutta l’edilizia era concentrata nell’interno delle stesse.
Fino l’anno 1500 la strada principale era denominata Platea, poi contrada Maestra, nel 1874 diventa Via Nizza, infine Via Roma intorno al 1900.
Questa strada era tanto diversa da come la vediamo adesso; per immaginarci com’era bisogna togliere da Via Roma, sia a destra sia a sinistra, gli attuali portici, senza i quali la Via era larga ben 37 metri.
Lungo la Via vi erano solamente coperture in legno, qualche tenda, atte alla sosta degli animali e qualche banco.
Per consentire quindi di avere più alloggi, nuovi negozi e migliorarne la funzionalità in occasioni dei mercati, e considerando che a Cuneo gli inverni erano rigidi con nevicate che raggiungevano sovente l’altezza di un metro, si arrivò alla decisione di costruire sia a destra sia a sinistra della Via Maestra dei portici in muratura e sopra di loro nuovi alloggi, in questo modo, uomini, bestie e mercanzia erano finalmente al coperto.
Per sfruttare ogni spazio, furono costruiti, sotto i portici, scantinati, con scala in uscita ai bordi degli stessi portici con le classiche “Trappe”, vale a dire botole con scala, esistono tuttora; in tempo di pace erano adibite dai bottegai come magazzini, il mattino allestivano il banco sotto i portici e portavano su la mercanzia dalla cantina.
Con la costruzione dei portici, i frontali delle vecchie case sono stati coperti, il risultato è che la maggior parte delle case dell’attuale Via Roma ha una stanza cieca, in quanto le finestre o i balconi sono stati spostati per una profondità pari a quella dei portici.
Con il passare degli anni, i portici hanno conosciuto delle migliorie. Nel 1844 furono eliminati i vari dislivelli e quindi gli scalini che esistevano tra un palazzo ed un altro lungo i due grandi marciapiedi. Il piano di calpestio dei portici fu fatto in selciato (calatà). Si costruirono i terrazzi di collegamento tra i vari palazzi, in questo modo i passanti erano protetti sia dal sole sia dalle intemperie.
Soltanto nel 1853 si iniziarono i lavori per la sostituzione del selciato a ciottoli con le lastre di pietra. I lavori iniziarono sul lato Gesso, la pavimentazione del lato Stura fu effettuata in un secondo tempo causa mancanza di fondi. I Cuneesi sempre autoironici battezzarono i portici lato Gesso “Portici degli aristocratici” quelli lato Stura “Portici dei poveri”.
Nell’ultimo conflitto mondiale, dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini del 10 giugno 1940, i portici faranno da giaciglio alle migliaia di reclute e riservisti chiamati da tutta Italia a combattere contro la Francia.
Cuneo dalla nascita al primo assedio.
Prima di andare ad elencare gli assedi di Cuneo ricordiamo alcune date significative della storia cuneese.
Abbiamo visto che già in età romana l’altipiano cuneese era abitato, come dimostra la centuriazione, intorno all’anno 1000 si ebbe il primo insediamento stabile ed i primi abitanti che aumentarono fino al 1120, che forse è la reale nascita della nuova Villa.
Dieci anni dopo nel 1130, la nuova Villa, è già molto popolata, i suoi decurioni stabiliscono leggi, decreti e impongono gabelle ai forestieri che portano mercanzie da altri paesi.
Nel 1145 i Cuneesi deliberano di sottrarsi al dominio dell’Abate di Pedona per far lega con la Repubblica di Asti.
Nel 1146 i Cuneesi eleggono il Consiglio di Cuneo, un anno dopo eleggono il suo primo Podestà: Pietro De Garrettis.
Nel 1155 si ha l’immigrazione in Cuneo dei profughi milanesi sfuggiti alla guerra contro Federico Barbarossa.
Notizia tratta dal libro “Secoli della città di Cuneo” di Teofilo Partenio, riportata da Gian Paolo Romagnani a pag. 71 del libro “Le storie della Città” di Piero Camilla e Rinaldo Comba.
Nel 1158 sorgono a porta Caranta (ora porta Torino) molte case per dar alloggio ai Lombardi domiciliati a Cuneo.
Si arriva così all’anno 1198 che insieme agli ani 1210, 1230 e 1259 sono le date significative della storia sociale e istituzionale dei primi decenni di vita di Cuneo.
Le quattro date corrispondono alla prima attestazione del villaggio (1198), alla distruzione totale o a parziale (1210), alla rifondazione (1230) e alla sottomissione al potere di Carlo d’Angiò (1259).
Analizziamo gli avvenimenti di queste quattro date.
Nel 1198 il 23 giugno, gli abitanti di Cuneo ottengono il titolo di cittadini di Asti, mediante l’acquisto di un palazzo in detta città. È il primo atto che testimonia, con certezza, l’esistenza di Cuneo.
Nel 1206 il Marchese di Saluzzo, a mano armata, si impadronisce di Cuneo e per tenerla in freno fa fabbricare un forte castello al Borgato (regione orti).
La nuova villa di Cuneo dopo il 1210 tacque, l’offensiva dei suoi avversari l’aveva completamente annientata.
Nel 1230, Cuneo domanda aiuto alla lega Lombarda per liberarsi della tirannia del Conte di Savoia e dei Marchesi di Monferrato e Saluzzo.
La rinascita del comune di Cuneo avvenne grazie appunto all’aiuto di Milano, la guelfa capitale della lega lombarda, in particolare del nobile milanese Oberto de Ozeno che accettò la podesteria e si recò nel Cuneese con un contingente di milites milanesi, conducendo varie operazioni militari contro il marchese di Saluzzo, finché, durante una di queste, fu sconfitto, catturato e sommariamente giustiziato dalle forze coalizzate del conte di Savoia e dei marchesi di Saluzzo e di Monferrato. La triste sorte di Oberto causò nel 1231 la rappresaglia dei Milanesi che in quell’anno riedificano le mura di Cuneo.
A proposito delle mura di Cuneo merita ricordare quanto scritto dallo storico Ferdinando Gabotto:
«a quel tempo le terre erano presto edificate come presto erano distrutte: capanne di creta, con tetti di paglia, piuttosto che vere case, venivano in breve ora innalzate con mattoni crudi e poche pietre, solo di poi convertendosi a poco a poco in più solide costruzioni. L’essenziale era il fosso, colla terra all’intorno, battuta a difesa e rinforzata di siepe o palizzata a maggior sicurezza: mura di pietra si costruivano soltanto più tardi, con maggior comodo, né sempre, né per tutta la cerchia del luogo, se in qualche parte fosse questo naturalmente forte».
Nel 1234 ricompare il comune di Cuneo costretto, dopo venti anni di silenzio, a ricominciare i primi passi, ma in breve tempo acquista già la caratteristica di forte baluardo, a guida ed a protezione delle valli alpine che le scendono intorno.
Nel 1238, il 4 agosto, viene a Cuneo l’Imperatore Federico II che consegna le chiavi della “piazza” agli ambasciatori del Conte di Provenza. I Cuneesi sentono ora, per la prima volta dalla fondazione della villa, la reale presenza dell’impero.
Nel 1246, il 28 marzo, mancando in linea maschile la discendenza dei Conti di Provenza, i Cuneesi si costituiscono in Repubblica.
Nel 1259, il 10 luglio, Cuneo riconosce solennemente a Pignons (Var) in Carlo I d’Angiò (fratello minore di Luigi IX re di Francia), Conte di Provenza, poi Re di Napoli, il proprio signore. Perché il libero comune, nato da una tenace ribellione alle forze feudali, si è consegnato spontaneamente nelle mani di un nuovo e potente padrone? Il fatto è che la situazione dei giovani comuni è estremamente precaria, circondati per ogni dove da potenti nemici e troppo deboli per lottare da soli.
In pratica la piccola Cuneo si pone al riparo da eventuali attacchi di Asti e di Saluzzo.
Il 24 luglio è stipulato l’atto di dedizione, dando così inizio alla dominazione angioina, che durò, con poche interruzioni, fino al 1382, per ben 123 anni!
La dominazione angioina era ben vista dalla città. Gli Angiò avevano rispettato la sua libertà .
In questo lungo periodo i Cuneesi si sono dati le proprie regole del vivere civile (i famosi Statuti) dove in primo piano c’era l’interesse comune, della res pubblica che prevaleva sull’interesse del singolo.
Ne ricordiamo alcuni curiosi:
“Non si devono tenere i tetti coperti di paglia” (si pensi alla pericolosità durante le azioni militari). “Un uomo di Cuneo che abbia la casa in cui abita ancora coperta di paglia, non potrà in alcun modo permettere alla moglie di sfoggiare su di sé, né sul capo, né sui vestiti, né perle né argento né pelliccia sotto pena di 60 soldi (3 lire) a testa e per ogni volta che sarà accusato”.
Tra i cittadini Cuneesi c’era molta solidarietà ed un pericolo per uno era un pericolo per tutti che da tutti doveva essere scongiurato.
Ci sono anche dei capitoli che proibiscono cose apparentemente assurde, come questo: è proibito seguire le esequie a chi non sappia trattenersi dal piangere ad alta voce, chi lo fa non è un uomo degno di tal nome!
Nel 1284, il 7 gennaio, in seguito alla morte di Carlo d’Angiò Re di Napoli, i Cuneesi riprendono per la seconda volta il governo di Repubblica, lo faranno ancora il 24 dicembre 1358 per i patti non mantenuti dalla Regina Giovanna.
Nel 1289, 8 novembre, i Cuneesi si sottomettono nuovamente alla Casa d’Angiò nella persona di Carlo II detto lo zoppo.
Nel 1292 è deliberato di edificare nuove case verso la Chiesa della Madonna del Bosco.
Nel 1299 il Marchese di Saluzzo prende d’assalto la piazza di Cuneo, che è costretta ad arrendersi, il Marchese prende il titolo di Signore di Cuneo.
Nel 1301, il 30 novembre, un violento terremoto atterra molti edifici di Cuneo e suo territorio, ne susseguono crudeli e mortali malattie.
Nel 1309 il 17 febbraio morto Carlo II d’Angiò, Roberto Duca di Napoli, suo figlio, riceve giuramento di fedeltà dal comune e della nobiltà di Cuneo.
Nel 1311 Roberto Re di Napoli viene a Cuneo.
Nel 1317, il 15 giugno, si conclude la pace tra i Cuneesi ed i Monregalesi, il Re Roberto, figlio di Carlo d’Angiò, ordina a questi di elevare a proprie spese, in Cuneo, una Torre (l’attuale Torre Civica) visibile da Mondovì come ammenda e monito!
Nel 1326 la comunità di Cuneo decreta solenni feste per le nozze di Giovanna d’Angiò, nipote del Re Roberto, con Umberto primogenito del Re d’Ungheria.
Nel 1344, il 20 gennaio, muore Re Roberto d’Angiò, gli succede la Regina Giovanna I di Napoli che fa coniare moneta col motto: “Cuneum caput Pedemontii”. Sono anche state trovate delle monete con la seguente scritta “Comitissa Provinciae et Pedemontis”.
Dopo questa data, Cuneo, è contesa tra la Regina Giovanna, tra Galeazzo Visconti II Duca di Milano e Amedeo VI di Savoia (il Conte Verde) che nel 1373 il 28 ottobre se ne impadronisce.
Dal 7 luglio 1347 ai primi di marzo del 1348, per otto mesi ci fu la prima dominazione sabauda in Cuneo.
Il 15 novembre 1373 i Cuneesi giurano nuovamente fedeltà alla Regina Giovanna di Napoli. Dopo la morte della Regina, il 10 aprile 1382 Cuneo si diede al Conte di Savoia, come all’unico signore in grado di darle protezione. Era, come accadeva da tempo, una protezione che la privava della libertà o per lo meno gliela restringeva ulteriormente; ma la libertà comunale piena era tramontata già nel 1259, al tempo della prima dedizione all’Angiò.
Da allora in poi la storia di Cuneo seguirà quella dello stato Sabaudo.
Gli assedi di Cuneo.
Cuneo fin dalla sua nascita ha dovuto cingersi di mura di difesa, anche se all’inizio erano dei fossati e delle palizzate. Durante i sui 800 anni di vita ha subito molti assedi tanto che una via, situata sul lato ovest del centro storico parallela a Via Leutrum, si chiama: Via dei 7 Assedi.
In effetti, gli assedi sono almeno dieci, diventano sette se si escludono i primi due del 1348 e 1515 (lo fa anche Ferdinando Gabotto nella Storia di Cuneo) e l’ultimo del 1943.
Durato tre mesi da dicembre 1347 a marzo 1348. Cuneo, alleata del conte Amedeo VI di Savoia fu assediata dalle truppe milanesi del Duca Luchino Visconti di Milano, in lega con il Marchese di Monferrato, che riuscirono ad occupare la città.
Assedio degli Svizzeri, anno 1515.
Anno 1515 dal 1 al 6 agosto, gli Svizzeridella Lega Santa, al servizio di Milano, guidati dal cardinale Matteo Schinner assediano Cuneo con oltre 6000 uomini e numerose artiglierie, capitanati dai Bernesi Giovan Rodolfo e de’ Gaspar e Giovanni Cender.
Il 31 luglio bombardano furiosamente la zona della Chiesa della Madonna del Bosco.
La città, terrorizzata dalle devastazioni attuate dai mercenari Svizzeri nei dintorni di Cuneo, scende a patti, pagando 4.000 scudi, così che gli Svizzeri pongono fine all’assedio.
Pochi giorni dopo la ritirata di questi ultimi, arriva a Cuneo, dalla Valle Stura, il Re Francesco I, accolto con grandissima festa, ed alloggia al Palazzo Lovera Demaria situato in Via Roma. Una lapide murata nello scalone del palazzo rammenta l’evento storico:
NELL’ANNO 1515 ADDÌ 15 AGOSTO
IL NOBILE RAFFAELE LUPARIA
NEL SUO PALAZZO GIÀ IN QUESTO SITO
ESISTENTE
DAVA SPLENDITA OSPITALITÀ
A FRANCESCO I, RE DI FRANCIA
GRATO IL MEDESIMO
DONAVAGLI
LA SUA PROPRIA ARMATURA
Il nobile Raffaele Luparia è un antenato dei Lovera. Luparia deriva da Lupo o Luperia fino ad arrivare a Lovera.
L’armatura purtroppo è conservata alla Regia Armeria di Torino mentre sarebbe più giusto avere questo storico cimelio nel Museo di Cuneo.
È di quest’epoca il disegno di un gran canale navigabile a barconi, che sarebbe dovuto andare da Cuneo a Torino passando da Fossano e Savigliano.
1° Assedio dei Francesi, anno 1542.
Di 6 giorni, dal 7 al 12 dicembre 1542.
Un esercito Francese di 18.000 soldati, 1000 cavalleggeri e 400 gendarmi, comandati dal maresciallo Claude d’Annebault, stringono d’assedio Cuneo che provvede alla difesa con mezzi e uomini propri. Dopo vani assalti, in cui perde 200 morti e 3000 feriti, il nemico si ritira in disordine, l’assedio fu breve ma tragicamente fisso nella memoria.
I nemici, ricacciati più volte dalla breccia già aperta nei bastioni, non riuscirono a conquistare Cuneo, ma, furono definiti dei veri “indemoniati”: inflissero ai prigionieri, presi fuori le mura della città, l’onta della pubblica… umiliazione.
L’eroina del glorioso evento è Eleonora Rabia, che non volle abbandonare la città pur avendo fra gli assedianti un suo genero. Il suo nome è inciso nella lapide dei Cuneesi Illustri.
2° Assedio dei Francesi, anno 1557.
Di 56 giorni, dal 2 maggio al 27 giugno 1557.
A casa Savoia dal 1553 fino al 1580 c’era il Duca Emanuele Filiberto.
Assediati da 20.000 uomini tra fanti e guastatori, 1500 cavalli e molte artiglierie comandati dal maresciallo Carlo Cossé duca De Brissac.
Cuneo dispone di 600 soldati e 1000 volontari cittadini comandati dal Governatore Carlo Manfredi di Luserna. Alla fine della contesa ci furono 4000 francesi e 338 Cuneesi morti.
L’esito vittorioso di quest’assedio salvò in pratica lo stato ad Emanuele Filiberto.
La moglie del Governatore di Cuneo era Beatrice di Savoia-Pancalieri discendente degli Acaja, ricordata nella storia dell’assedio per quest’aneddoto:
Il maresciallo De Brissac manda a dire a Beatrice che se Cuneo non si arrende, avrebbe gettato e quindi ucciso un figlio di Beatrice con età di un mese, fatto prigioniero a Chiusa (Pesio) dove una donna lo teneva a balia, in una canna di cannone.
Beatrice risoluta rispose che non si sarebbe commossa di rimaner priva di quel figlio, perché aveva ancora lo stampo per farne con suo marito degli altri!
Il De Brissac non osò dar seguito all’infame minaccia; tuttavia, portò con se il bambino per lungo tempo.
Il maresciallo francese il 25 giugno fa l’ultimo tentativo per aver resa la “piazza”, ma un gentiluomo piemontese risponde
“Avemo il duca di Savoia per padrone; non volemo mutarlo a patto nessuno: più presto volemo morir tutti sopra li bastioni…. ai Francesi, Guasconi, Alemanni, faremo conoscere quanto valgono i Piemontesi”.
Un aneddoto, riportato dallo storico Piero Camilla nel suo libro “Cuneo storielle e storia”, ci conferma che le donne cuneesi nel 2° assedio di Cuneo si coprirono di gloria. Nella fase finale dell’assedio diedero d’alta valentia strategica. Il 26 giugno, era di luna piena, le donne cuneesi, si radunarono sui bastioni, alzarono le gonne e facendo un inchino alla rovescia mostrarono al nemico, nuda, l’altra faccia. Notando visi sì prosperosi pur dopo cinquantasei giorni di duro assedio, i nemici capirono l’inutilità dei loro sforzi e perdettero avviliti ogni baldanza.
Il 27 giugno, verso mezzogiorno, le truppe francesi abbandonarono l’assedio di Cuneo.
Dopo quest’assedio Emanuele Filiberto il 31 gennaio 1559 conferì a Cuneo, “fedelissima invitta” il titolo di “Città” e l’aggiunta dello stemma di Casa Savoia a quello del Comune, con due rami di palma e il motto ”Ferendo” vale a dire “sopportando”.
Nel 1890 Giosuè Carducci nella poesia Piemonte definisce Cuneo “possente e paziente”
Il 29 settembre del 1560 il Re Emanuele Filiberto è ricevuto a Cuneo con la consorte, sull’arco di trionfo, posto sul ponte levatoio della porta di Nizza, fu scritto.
“Cuneum fide par Sagunto, virtude superior”
ovvero
“Cuneo per fedeltà è pari a Sagunto, per virtù superiore”
Ricordo che Sagunto (Spagna) fu la causa della II guerra punica, assediata per otto mesi ed espugnata da Annibale nel 210 219 a.C.
3° Assedio dei Franco Piemontesi, anno 1639.
Di 6 giorni dal 20 al 26 luglio 1639.
Per capire i motivi che generarono quest’assedio, bisogna tener conto di queste premesse:
Il Re Vittorio Amedeo I di Savoia muore l’8 ottobre 1637, lasciando due eredi in tenerissima età Francesco Giacinto e Carlo Emanuele II; il 4 ottobre 1638 muore Francesco Giacinto.
La moglie di Vittorio Amedeo I era Maria Cristina (Madama Reale) sorella del Re di Francia, Luigi XIII.
L’assedio fa parte dell’ostilità armata scoppiata, in forma di guerra civile, fra Maria Cristina e i suoi cognati, fratelli del defunto Vittorio Amedeo I: Cardinale Maurizio e principe Tommaso tutti pretendenti al governo del Piemonte.
La lotta è quindi tra i “Madamisti Franco-Piemontesi” ed i “Principisti”.
La reggenza è presa da Maria Cristina, ma è subito rivendicata da Maurizio e Tommaso, i quali, nel caso che anche il piccolo Carlo Emanuele II morisse, si temeva o fingeva di temere un mutamento dell’ordine di successione al trono. Per questo chiedevano una compartecipazione alla reggenza ma Maria Cristina rifiuta.
Gli assedianti, sotto il comando del Conte di Longueville d’Harcourt, pongono l’assedio a Cuneo per impadronirsi del Cardinal Maurizio di Savoia tutore del piccolo Carlo Emanuele II, che vi si era ricoverato.
L’assedio durato tre giorni finì con la ritirata di Longueville il 26 luglio 1639.
Come in tanti altri assedi le donne di Cuneo furono valorose tanto che la storia così le descrive: “Vestite da uomo presero le armi e mostrarono alle mura coraggio virile”.
4° Assedio dei Franco Piemontesi, anno 1641.
Di 55 giorni, dal 23 luglio al 15 settembre 1641, assediati nuovamente dai “Madamisti Franco-Piemontesi”con più di 10.000 soldati, comandati dal Conte d’Harcourt. Può considerarsi la continuazione dell’assedio del 1639.
Entro la piazza stavano circa 1.500 uomini, molte milizie paesane e tutta la cittadinanza in armi.
È un assedio durissimo, i Cuneesi si difendono intrepidamente e curiosamente non parteggiano per alcuno dei contendenti. Muore un eroe dell’assedio del 1639 il colonnello Paglieris. L’assedio si concluse il 15 settembre del 1641 con la resa di Cuneo e l’onore delle armi.
Alla sconfitta si arrivò, anche per l’errore del Governatore di Cuneo, Vivalda, che escluse dalla difesa della città il popolo così decisivo nell’assedio del 1557.
Ci fu una soluzione pattizia, con l’accordo tra i principi e Maria Cristina si stabiliva l’esclusione della Francia su Cuneo e confermava la reggenza a Madama Reale Maria Cristina.
5° Assedio dei Francesi, anno 1691.
Di 18 giorni, dal 10 al 28 giugno 1691.
A casa Savoia, dal 1675 al 1730, c’era il Duca Vittorio Amedeo II, che fu Re di Sicilia dal 1713 al 1718 e Re di Sardegna dal 1718 al 1730.
Quest’assedio trova le origini nella battaglia di Staffarda del 1690, allorché il Duca Vittorio Amedeo II, alleato con Germania e Spagna, dichiara guerra alla Francia ed è sconfitto. Circa un anno dopo le truppe Francesi, del maresciallo Nicolas di Catinat de Saint Gratien, assediano Cuneo.
Di Catinat non voleva arrischiare la propria fama nell’assedio di Cuneo, poiché conosceva le difficoltà che bisognava superare per conquistare la Villa.
Sulla fortezza cuneese era stato relazionato dall’architetto-ingegnere del Re Sole Luigi XIV, Sèbastien Vauban.
Il Vauban era il teorizzatore della guerra di posizione, perfezionò al massimo il sistema del baluardo e della difesa bastionata e costruì 35 piazzeforti nuove e ne ampliò circa 300 tra cui Briançon.
Il Maresciallo di Francia delegò quindi il comando al marchese Feuquières e successivamente, per manifesta incapacità del medesimo, il marchese di Bullonde.
Di Catinat era celebre per vittorie riportate durante la sua carriera. Era famigerato perché usava fare “terra bruciata” dei territori conquistati: distruzione di ponti, strade, opere d’arte, incendio di chiese e palazzi, taglio di alberi e delle viti al ceppo con danni incalcolabili.
Durante l’assedio, il Governatore di Cuneo, fu il Conte Carlo Massimiliano Roero di Revello, che ebbe il merito di respingere ogni trattativa di resa e di organizzare la difesa.
La durezza dell’assedio è comprovata dal fatto che su Cuneo i Francesi di Re Luigi XIV spararono 4000 colpi, lanciarono 532 bombe e persero 4300 combattenti.
I difensori di Cuneo, per non essere da meno, spararono sugli assedianti oltre ventimila cannonate.
Come era già successo per l’assedio del 1639, le artiglierie cuneesi piazzate sul bastione di S. Anna (lungo Stura, Rondò d’la forca, ex stazione del tramwai di Borgo) nell’intento di colpire la cavalleria del maresciallo Feuquiéres centrarono l’antica Cappella di San Giacomo presso Cerialdo, demolendola. Cosa analoga avverrà nell’assedio del 1799.
L’assedio finì grazie anche ad uno stratagemma del Principe Eugenio di Savoia che anticipò, e forse determinò, un finale diverso alla contesa.
In una lettera, fatta cadere ad arte nelle mani dei Francesi, il Principe Eugenio (che stava in ogni caso arrivando in aiuto su Cuneo), comunicava al Governatore di Cuneo di avere a disposizione 11.000 soldati. Il messo, prigioniero, confermò a bocca di aver vedute tante forze. In realtà i rinforzi erano di 4-5000 soldati.
Il risultato fu che tra il 27 e 28 giugno gli assedianti di Cuneo, dopo inutili bombardamenti e tremendi assalti ed opere di mina dovettero rinunciare all’impresa.
La conclusione della lotta fu sintetizzata in una famosa poesia francese del tempo:
Nostre Coni, sire Louis
N’est pas un jardin pour tes Lis.
Nostro Cuneo, Sire Luigi
non è un giardino per i Gigli
No, Cuneo non era certo terreno da piantarvi i Gigli di Francia (stemma del Re).
La stessa cosa dicasi per resto del Piemonte, infatti, Vittorio Amedeo II, agli emissari di Luigi XIV, che gli spiegavano come le condizioni del suo esercito gli togliessero ogni possibilità di resistere alle potenti armate d’oltralpe, il Duca di Savoia rispose:
“Batterò col piede la terra, e n’usciran soldati d’ogni banda”
È evidente che qualora avessero vinto i Francesi, Luigi XIV avrebbe imposto il suo dominio sul ducato, declassandolo a vassallo.
La presa di Cuneo, era un chiodo fisso per Luigi XIV, il quale, chiese a più riprese al maresciallo Nicolas di Catinat di fare un altro tentativo. Il maresciallo rispondeva sempre allo stesso modo, che l’impresa era molto difficile. Insomma, il maresciallo, tanto scrisse e riscrisse al Re che alla fine l’ordine gli fu disdetto così che le truppe e le artiglierie già arrivate fino a Busca tornarono indietro il 9 novembre 1693.
In quest’assedio spicca la figura eroica di un giovane Israelita, Abramo Lattes, che guadò il Gesso per recare al Duca di Savoia la richiesta di rinforzi e rientrò per assicurare che essi sarebbero giunti.
Quel giorno, il torrente Gesso, era in piena e durante l’attraversamento, il coraggioso cuneese passò indenne alle ripetute scariche d’archibugio dalle pattuglie Francesi.
Il consiglio comunale di Cuneo, per l’atto eroico di Abramo Lattes e per ringraziare il banchiere Ebreo Moisé Foa che mise a disposizione della popolazione una gran quantità di cereali (se li farà poi pagare a caro prezzo!) e prestò alle casse comunali il denaro necessario per far sistemare le opere di difesa, volle dare un’attestazione di gratitudine alla comunità ebraica di Cuneo, che si concretizzò nell’anticipare dal sabato al venerdì il secondo mercato settimanale, in modo da consentire anche agli Ebrei (comunità racchiusa nel ghetto tra le contrade di Via Mondovì e Via Chiusa Pesio) di svolgere quelle attività commerciali che di sabato, per loro giorno festivo, erano vietate dalla religione.
Nell’ambito di quest’assedio la tradizione vuole che il Beato Angelo Carletti morto due secoli prima, intervenne con atti miracolosi, a tutela della sua Cuneo.
Dopo l’assedio fu ricostruita la torre civica del comune in forma piramidale, con una loggia e lo stemma cuneese, nonché le date dei cinque assedi: 1542, 1557, 1639, 1641 e 1691 a conferma che gli assedi del 1348 e 1515 non vanno considerati tali.
6° Assedio dei Franco-Spagnoli, anno 1744, Sicuramente l’assedio più importante della storia di Cuneo.
Durato 39 giorni, dal 13 settembre al 21 ottobre 1744, assediati dai Franco-Spagnoli. A casa Savoia regnava il Re Carlo Emanuele III (1730 – 1773).
Si giunse all’assedio di Cuneo come conseguenza dei dissidi insorti nel 1713 sui diritti di successione al trono del Sacro Romano Impero, quando l’Imperatore Carlo VI, privo di eredi maschi, designò a succedergli la figlia primogenita Maria Teresa con la famosa “prammatica sanzione“, mediante la quale modificava una legge vecchia di secoli la “Lex Salica” che, escludeva le donne dalla successione al trono imperiale.
Non tutti i Sovrani d’Europa, però, riconobbero la validità di quell’Editto. Alla morte di Carlo VI si costituirono in tal modo due schieramenti tra i quali scoppiò poi la guerra. Contro Maria Teresa d’Austria: Francia, Spagna, Prussia ed i grandi elettori di Baviera e di Sassonia. In favore di Maria Teresa: Austria, Inghilterra, Paesi Bassi ed il regno Sardo-Piemontese.
Nel 1744 il Piemonte era schierato in favore di Maria Teresa d’Austria, quindi contro la Francia e la Spagna che nel settembre del 1744 si presentarono con il loro esercito intorno alle mura di Cuneo.
I Franco-Spagnoli erano comandati dal ventitreenne Luigi Francesco di Borbone Conte de la Marche, Principe De Conty e da Don Jayme de Guzman Marchese de la Mina o Las Minas conte de Pezuela sotto il supremo comando dell’Infante di Spagna Don Filippo Borbone figlio della Regina Elisabetta – era schierato su due linee: iniziava dalla salita di Madonna della Riva e proseguiva, passando davanti alla chiesa ed al Monastero Agostiniano, per circa due chilometri, fino alla strada di Tarantasca.
Lusitania 10° de Dragones (1744) Dragon
Erano anche posizionati sul lato sud, all’altezza dell’attuale Corso Galileo Ferraris. Le riserve Franco-Spagnole erano invece appostate a Madonna dell’Olmo presso la cascina Picapietra (in piemontese Pica Pera per gli spagnoli Pica Roca) a monte dei campi di calcio, sulla destra della strada che porta a Passatore.
Il totale le forze nemiche, comprese quelle di riserva, schieravano poco meno di 40.000 fanti, 10.000 cavalli ed un’imponente artiglieria.
A Saluzzo era concentrata l’armata Piemontese insieme al Re Carlo Emanuele III, nell’attesa di portarsi a Cuneo forte di 25.000 uomini, 36 battaglioni, più 2000 Varadini (soldati ungheresi) ed un reggimento di Ussari inviati da Maria Teresa d’Austria.
Chi era il Barone Leutrum.
Prima che avvenisse l’assedio, Leutrum fece fortificare tutti i punti ritenuti deboli della fortezza Cuneo, ogni solaio fu liberato da materiali facilmente infiammabili e sugli stessi furono dislocate botti di acqua per spegnere gli incendi, furono scavati pozzi, con grandi fossati fu allargata la bealera di Via Maestra (l’attuale via Roma) in modo che ci fosse più acqua disponibile, con il terreno di “risulta” fece riempire dei sacchi che furono utilizzati per chiudere gli archi dei portici trasformando questi in una specie di galleria al riparo delle bombe nemiche.
Le cantine sottostanti ai portici diventarono i nuovi alloggiamenti delle truppe, sicuramente meno comode delle disponibili caserme ma più sicure contro le bombe nemiche. Furono predisposti anche vari ospedaletti nei posti ritenuti più adatti, uno di questi era stato ricavato nella Chiesa di San Francesco, il convento adiacente alla Chiesa fu invece adibito a stalla!
Per sfamare meno gente possibile, durante il previsto assedio, il Barone stabilì l’uscita, fuori delle mura di Cuneo, di tutti coloro che non avevano la provvista di viveri per dieci mesi!
A quel tempo la popolazione di Cuneo era di circa 10.500 abitanti, per l’esattezza due anni prima 1742 ne erano stati censiti 10.266.
Nella città c’erano martinetti, forge, sei filande, 120 fra alberghi, trattorie e osterie.
Merita di essere ricordato il proclama lanciato alla popolazione con il quale Leutrum rammentò ai Cuneesi che la loro città era fatata e fatale alla Francia, fu, infatti, inespugnata negli assedi del 1557, 1693 e 1691. Aggiunse che non si mostrassero degeneri dai loro maggiori, emulassero le glorie avite.
Ai soldati affermò che ne andava della salute del Piemonte, della sicurezza della Corona ed annunciò loro che non parlerebbe di resa finché un pane rimanesse, finché una cartuccia ci fosse da bruciare.
In questo modo il Barone Leutrum fece capire come fosse determinato e non amasse le mezze misure, la controprova si ebbe quando ” il giorno in cui le prime bombe nemiche misero fuoco a qualche cosa vi fu alquanta confusione fra i cittadini e alcuni di loro tennero apertamente propositi sediziosi….ne fece arrestare cinque tra i quali il proprietario di una delle case in fiamme e li fece impiccare sul posto.”
La determinazione del Barone Leutrum emerge anche da questo aneddoto:
Il Principe De Conty invita il Barone Leutrum a designare il suo alloggio affinché sia risparmiato dal bombardamento.
Il Barone replica che il suo alloggio sono i bastioni, il suo comportamento è da esempio per gli abitanti di Cuneo, tanto da far dire al Principe De Conty che la gente di Cuneo è forte e robusta, avvezza alla fatica, che nasce soldato, ama il suo sovrano, non ha paura di nulla.
Il Barone, definito per le decine di battaglie vinte “la Spada dei Savoia”, dopo la valorosa resistenza di Cuneo fu nominato, dal Re Carlo Emanuele III, Governatore perpetuo della Città e della Provincia, per il gran merito di aver bloccato l’offensiva di tutta l’Armata nemica contro lo stato sabaudo tanto che il suo ricordo vive ancora nelle canzoni e nelle leggende popolari del Cuneese.
L’Armata Piemontese si avvicina a Madonna dell’Olmo.
Il 24 settembre il Re Carlo Emanuele III fa arrivare un messaggio al Governatore di Cuneo Barone Leutrum in cui segnala che sta per partire da Saluzzo per liberare Cuneo, avrebbe impiegato tre giorni per arrivare a Ronchi. Nel frattempo Gli assedianti cannoneggiavano Cuneo dai lati Gesso e Stura ma il Barone risponde per le rime.
All’alba del 26 settembre 1744, l’esercito Piemontese, si metteva in marcia da Saluzzo per raggiungere in quattro tappe, per un totale di 38 km, il campo nemico.
Il 26 settembre, ci fu il trasferimento da Saluzzo a Vottignasco di 12 km.
Il 27 settembre la marcia fu interrotta a causa di una forte pioggia che ingrossò i torrenti Varaita e Maira.
La seconda tappa, il 28 settembre, da Vottignasco a Murazzo, fu di 15 km.
La terza tappa, il 29 settembre, da Murazzo a Ronchi, di 7 km.
La quarta tappa, il 30 settembre, da Ronchi a Madonna dell’Olmo, di km 4.
Causa il giorno perso per la pioggia e con i torrenti ingrossati, il giorno della battaglia fu spostato dal Re Carlo Emanuele III, in accordo con il Barone Leutrum, dal 30 settembre al 1 ottobre.
Sul lato sud della fortezza l’assedio inizia il 9 settembre. Gettati 14 ponti sullo Stura, gli assedianti presero posizione alla cascina di Torre Bonada, all’altezza dell’attuale Corso Galileo Ferraris. Tra il 12 e 13 settembre 1200 zappatori francesi e spagnoli incominciarono a tracciare una grande trincea tra Stura e Gesso. I Cuneesi sono costretti ad uscire dalle mura per danneggiare il lavoro fatto dagli assedianti.
Il 15 settembre iniziano i cannoneggiamenti sulla città ma i risultati sono scarsi; così i Francesi e Spagnoli decidono la costruzione, partendo dalla trincea Stura Gesso, di camminamenti a zig-zag per avvicinarsi il più possibile alle mura del lato sud.
Dai bastioni, con successo, i cannoni ostacolano i lavori dei camminamenti.
Di questo sesto assedio, come d’altronde quello del 1691, la storia ricorda, che, per Cuneo non combatterono soltanto gli uomini, ma i santi!
Si racconta che il Beato Angelo il 28 settembre intervenne a tutela della sua Cuneo. Apparve sul campanile della Madonna del Bosco (l’attuale Duomo) con le braccia aperte in atto di protezione.
Un comandante d’artiglieria spagnola ferito a morte, prima di spirare, raccontò al chirurgo piemontese Guibert, di aver voluto colpire il monaco fantasma, credendolo un essere vivente; ma la palla, respinta dal frate, ribalta con tal violenza contro di lui che lo colpisce alla spalla, lo Spagnolo morirà entro le 24 ore.
Il campo di battaglia nel settembre del 1744 a Madonna dell’Olmo
La Battaglia di Madonna dell’Olmo.
Il 30 settembre, alle ore 13 i Piemontesi, su due linee, marciano da Ronchi verso Madonna dell’Olmo. Qui capita l’imprevisto, i 2000 soldati Ungheresi Varadini, alleati del Piemonte, in un’azione di ricognizione, ebbero la malaugurata idea di assalire alcune trincee nemiche senza avere ricevuto l’ordine, di qui la pronta reazione dei Franco-Spagnoli i quali erano meglio disposti (ad angolo rientrante vale a dire a tenaglia con una prima serie di muri a secco e una seconda con terra, fascine e fossi).
All’ala sinistra si accese un duro combattimento che fu fatale ai 2000 soldati Varadini nonostante tre interventi dei granatieri Piemontesi per sostenerli.
Fu questo un grave errore, la battaglia, in accordo con il Barone Leutrum, doveva avere inizio all’alba del 1 ottobre.
Il cambio di programma aveva stabilito che il giorno 30, causa la giornata persa il 27 settembre per i torrenti in piena, doveva essere impiegato dall’artiglieria per sparare sulle forze nemiche e per colmare i fossati e “bealere” con le fascine.
Dai bastioni di Cuneo il Barone Leutrum seguiva, con ansia, avvenimenti che non si aspettava quel giorno.
Il vantaggio dell’imprevista Battaglia fu l’abbandono, da parte degli assedianti, delle trincee di Gesso, con la distruzione delle stesse da parte delle forze del Barone Leutrum e la conquista di materiale di guerra (polvere da sparo, palle di cannone, ecc.).
Il Barone Leutrum, invia inoltre fuori delle mura diverse compagnie per dare man forte alle truppe del Re sabaudo e nello stesso tempo cannoneggiando dai bastioni gli assedianti.
Il Barone è però costretto a ritirare i suoi uomini per:
intervento d’altre forze nemiche che erano nascoste nella boscaglia,
impossibilità di superare l’argine che separava il Santuario della Madonna della Riva da quello della Madonna dell’Olmo,
rischio di essere colpiti dalle proprie artiglierie che dai bastioni continuavano a sparare verso la Madonna dell’Olmo.
L’indomito Barone successivamente fa ancor uscire altre truppe per colpire i fianchi dei Franco-Spagnoli, sia dal lato Gesso sia dal lato Stura.
Nelle stesse ore sopra Borgo San Dalmazzo i Piemontesi sono respinti con gravi perdite.
“Ma il peggio accade dinanzi alla Madonna dell’Olmo dove si combatte la sostanza della giornata”.
Proprio in mezzo all’artiglieria subalpina, scoppia un cassone di polveri che favorisce l’intervento di Francesi e Spagnoli. Questi s’impadroniscono delle batterie e le utilizzano contro i Piemontesi.
É il momento più delicato della battaglia. Le truppe del Re Carlo Emanuele III, utilizzando anche i cinque squadroni della riserva, riescono a superare la prima serie di trinceramenti nemici, ma la mancanza d’ulteriori rinforzi impedisce loro di giungere alla seconda linea avversaria.
La posizione a tenaglia dei Franco-Spagnoli fu un ostacolo invalicabile; “Non giova dissimulare: tatticamente, eravamo sconfitti”.
Il Re decide così di abbandonare il campo, ritirando i propri reparti verso Fossano.
Il Re trascorse la notte nella villa Caissotti di Chiusano di Ronchi (Basse di Chiusano) dove una lapide così lo ricorda:
Carlo Emanuele III
Nella guerra per la successione d’Austria
“umiliato ma non avvilito” alla Madonna dell’Olmo
per trasmutare come poi trasmutò la sconfitta in vittoria
la sera del 30 Settembre 1744
ritiravasi pernottando in questa casa
dove su paglia a terra
mutilato dal cannone Gallo-Ispano
stava a riceverlo il Capitano delle Guardie
Felice Filippo Vittorio Caissotti
Conte di Chiusano e Pontedassio
Nella villa, oltre alla lapide di marmo trovasi anche un dipinto di Carlo Emanuele III.
L’assedio alla fortezza continua finché l’8 ottobre una colonna di 977 uomini guidati dal colonnello Rasin di Pinerolo riusciva ad entrare in Cuneo, portando notevoli quantità di viveri e munizioni.
Nel frattempo da ambo le parti continuava la guerra delle mine: gli assedianti Franco-Spagnoli scavano in prossimità dei fortini avanzati per farli saltare, gli assediati Cuneesi scavano per intercettare il pericolo.
C’era il pericolo, com’era successo a Torino nell’episodio di Pietro Micca, (soldato minatore dell’esercito Sabaudo, morì eroicamente nel 1706 facendo brillare una mina di una galleria attraverso cui i Francesi che assediavano Torino, tentavano di entrare di sorpresa nella Cittadella), che il nemico riuscisse ad individuare le gallerie di mina ed irrompere così nei fortini.
L’ultimo grande pericolo per la fortezza di Cuneo si manifestò il 18 ottobre.
Gli assedianti stavano per completare una galleria sotto le mura della Città. Il Barone Leutrum ordina di far scavare un pozzo sopra di essa per sventarla. Gli assedianti, vedendosi scoperti, fanno saltare la galleria. Fu una strage, soccombono una compagnia di granatieri (si salvarono soltanto 25 uomini) e molti minatori, con questo sacrificio le mura furono risparmiate.
Durante l’assedio, la guarnigione di Cuneo, aveva perso 717 (o 725) tra morti e feriti mentre le perdite di parte nemica sommarono a 6529.
Nel conteggio dei morti va inserito anche un martire della curiosità: il 12 ottobre del 1744, il panettiere Beccaria, fu colpito da una palla di cannone mentre curiosava dalla torretta del sig. Conte Fiano.
I difensori di Cuneo, spararono 20.140 cannonate, lanciarono 7.100 bombe a mano, spararono 608.600 colpi di moschetto e carabina.
I Franco-Spagnoli, che ricordiamo erano meno di 40.000 fanti, 10.000 cavalli ed un’imponente artiglieria, spararono sulla città 40.000 cannonate.
I Franco-Spagnoli pur avendo vinto la battaglia si trovarono con le trincee devastate, parte dell’artiglieria rovinata, ponti distrutti e bande partigiane alle spalle, sempre più aggressive.
Inoltre, un nuovo nemico, che sarà determinante per l’esito finale, si profila per i Franco-Spagnoli: pioggia per molti giorni e il freddo.
I Piemontesi se pure sconfitti nella battaglia di Madonna dell’Olmo, dove ci furono, in totale, 1387 morti e 3295 feriti, vinsero la guerra poiché i Franco Spagnoli si ritirarono.
I Franco Spagnoli, non riuscirono a conquistare Cuneo per i seguenti motivi:
Il ritardo nel passaggio delle Alpi per arrivare a Cuneo, la battaglia doveva iniziare almeno un mese prima.
Il Comandante dell’Armata, l’Infante di Spagna Don Filippo di Borbone, oltre a non essere in grado di dirigere le operazioni militari non riuscì a mantenere l’accordo tra i capi dei due eserciti, che ricordiamo erano il ventitreenne Luigi Francesco di Borbone Conte de la Marche, Principe De Conty e Don Jayme de Guzman Marchese De La Mina o Las Minas.
Dovevano, fin dall’inizio, attaccare Cuneo sul lato est (torrente Gesso) dove non c’erano fortificazioni. Era il cosiddetto “rivasso”: una ripa scoscesa sotto la quale a quel tempo passava il torrente Gesso e non attaccare ad ovest (lato fiume Stura).
Insufficienza di truppe per l’assalto finale della fortezza di Cuneo.
Pessime condizioni atmosferiche, tanta pioggia e molto freddo, dopo il 30 settembre 1744.
Perdita continua dei rifornimenti che arrivavano dalla valle Stura e quindi deficiente nutrizione, indebolimento dell’armata per malattie, diserzione e demoralizzazione.
I Piemontesi, invece, persero la Battaglia del 30 settembre per i seguenti motivi:
I Franco Spagnoli erano superiori nella cavalleria e nell’artiglieria e molto contribuì il modo come si schierarono nella battaglia: ad angolo rientrante cioè a tenaglia con una prima serie di muri a secco e una seconda serie con terra.
La direzione dell’esercito Piemontese era tutto concentrata nelle mani di Re Carlo Emanuele III, non fu un bene poiché il Re era troppo legato ai piani prestabiliti, quindi non era in grado di improvvisare quando era necessario farlo.
Durante lo spostamento dell’Esercito da Saluzzo a Murazzo, causa ingrossamento delle acque dei torrenti Varaita e Macra si perse un giorno che poteva essere recuperato. Si potevano fare 11 km Murazzo Madonna dell’Olmo il giorno 29, invece di fare Murazzo Ronchi 7 Km il giorno 29 e Ronchi Madonna dell’Olmo 4 km il giorno 30. In questo modo si poteva mantenere fede al primo attacco, concordato con le milizie e con il Barone Leutrum, per il giorno 30; lo spostamento al 1 ottobre scompaginò i piani di battaglia.
Costò caro l’errore di aver attaccato un giorno primo di quanto concordato, il combattimento ebbe inizio quando non si era ancora pronti e questo fatto pregiudicò in pratica tutta la Battaglia.
Il vero vincitore fu comunque il Barone Leutrum, morì a Cuneo nel 1755, il cui ricordo vive ancora nelle canzoni e nelle leggende popolari del Cuneese, su un libro del convento degli Agostiniani di Madonna dell’Olmo un epigramma, ormai storico così lo ricorda:
Venerunt Galli sed redire capones
Qui illos castravit? Barono Leutrum fuit
Vennero Galli, ma se ne partirono capponi
Chi li ha castrati? È stato il Baron Litron
L’Assedio si concluse, dopo trentanove giorni, il 21 ottobre 1744, giorno in cui i Franco Spagnoli, visto ormai l’approssimarsi della cattiva stagione e l’inutilità dei loro tentativi, presero la via del ritorno verso le Alpi (valle Stura, colle della Maddalena).
Il 4 novembre 1744 il Consiglio comunale di Cuneo decideva di far stampare la relazione dell’Assedio, arrivata ai giorni nostri, e scritto dal segretario comunale Ludovico Andrea Ricolvi.
Agli Spagnoli della campagna d’Italia del 1744 è rimasto: “lo scudetto” che portano tuttora sulle divise del Reggimento Lusitania con la scritta “Madonna del Olmo “a ricordo della Battaglia vinta.
“Lo scudetto del reggimento Lusitania”, è un mio scoop storico, pubblicato con ampio risalto da Cuneo-Sette l’11 luglio 2000 a pag. 17. Un Tenente Colonnello italiano Francesco Figliuolo, mio amico, mentre prestava servizio nelle forze armate italiane in Kosovo, nota che la divisa di un Capitano Spagnolo è ornata da uno “scudetto”, su cui appare la scritta “Madonna dell’Olmo”. L’Ufficiale Spagnolo chiarisce che la scritta è il ricordo di una battaglia vinta, dal suo reggimento “Lusitania”, a Madonna dell’Olmo, il 30 settembre 1744, contro l’esercito sabaudo.
Lo scudetto, riporta in alto la scritta “MADONNA DEL OLMO” e tutto intorno in basso “LUSITANIA TESSERA OMNI ARMATURA FORTIER”.
7° Assedio degli Austro-Russi, anno 1799.
Dura 27 giorni dal 7 novembre al 3 dicembre 1799.
A casa Savoia regnava il Re Carlo Emanuele IV dal 1796 al 1802, era stato preceduto dal 1773 al 1796 dal Re Vittorio Amedeo III.
A mio giudizio è una forzatura considerarlo assedio.
Di quest’assedio i Cuneesi furono in pratica spettatori, in lotta c’erano due eserciti stranieri, quello Francese che occupava la città e quello Austro-Russonumeroso e ben fornito di mezzi bellici, al comando del Melas e del principe di Liechtenstein che voleva espugnarla.
I Francesi erano arrivati liberamente a Cuneo, dopo l’armistizio di Cherasco del 28 aprile 1796 tra Napoleone e lo sconfitto Vittorio Amedeo III, che cede a titolo di deposito e provvisoriamente la piazza di Cuneo.
Il 14 maggio del 1796 i cittadini di Cuneo furono disarmati; due giorni dopo per ordine di Napoleone la città deve pagare un milione di lire in 24 ore.
Il 31 dicembre 1798 sono aboliti tutti i segni esteriori della nobiltà e sono proibite le livree dei domestici.
Il 29 gennaio 1799 si bruciano le pergamene e gli stemmi gentilizi, si vende al lattaio Embrico lo stemma del municipio fatto di piombo dorato.
Il 10 giugno 1799 è cancellato lo stemma della Città dipinto sulla torre del comune.
La poca collaborazione dei Cuneesi è comprovata dal fatto che i Francesi raddoppiarono le guardie interne alla città. Agli sbocchi delle Vie principali furono posti cannoni per timore di una rivolta cittadina. Lo storico Ferdinando Gabotto ci fa notare la differenza dagli assedi precedenti, quando i Cuneesi, uomini e donne, gareggiavano in zelo per la difesa, sostenevano eroicamente ogni sofferenza, demolivano colle proprie mani le loro case per dar passo alle artiglierie.
Il 28 novembre, l’artiglieria Austro-Russa disposta al convento della Madonna degli Angeli e verso Cerialdo bombarda la città con 80 bocche da fuoco.
Di quest’assedio è ricordato “il miracolo della bomba”.
Nel pomeriggio del 7 novembre 1799 (corrispondente al giorno 5 del mese Chislev dell’anno 5560 del calendario ebraico) una palla di cannone, delle 4500 sparate dagli Austro-Russi, cadde sulla Sinagoga nella quale si trovavano radunati molti ebrei in preghiera, ma rimase conficcata in una parete interna, dove tuttora è visibile.
Nel 7° assedio di Cuneo del 1799 si ha anche la distruzione della Cappella di San Giacomo posta sull’alta riva della Stura, prospiciente il promontorio di Cuneo nel territorio di Cerialdo.
La cappella di San Giacomo di Cerialdo, che non è da confondere con la Cappella di San Giacomo di Cuneo dove nascerà la nuova Villa, soffrì le tormentate vicende degli assedi.
Le origini, secondo l’iscrizione riportata sul fronte della Cappella, risalirebbero all’anno 1041, 157 anni prima di Cuneo, ai tempi del capostipite dei Savoia Umberto Biancamano.
La sua erezione fu un atto di fede dei vignaioli a San Giacomo, protettore dei loro vigneti e qualificato intercessore di benefiche piogge, c’è tuttora un detto che dice: “San Giaco versa la bota”.
La sua posizione strategica, durante i grandi assedi, divenne luogo di vedetta da cui si spiavano le mosse dei cuneesi, se ne prevedevano le sortite i contrattacchi: a loro volta gli assediati la ritenevano una base del quartiere nemico, e vi puntavano le artiglierie, e ogni volta, a lasciarci i muri, era la Cappella.
Nell’Assedio del 1799 la distruzione della Cappella avvenne anche per un aneddoto curioso che vale la pena raccontare.
Gli assedianti Austro-Russi avevano l’uniforme bianca tanto da far confondere la vista del generale nemico, il Francese del Mussier, comandante del dipartimento di Cuneo (era già noto per aver fatto coprire a calce lo stemma cittadino dipinto sul campanile della Città) che, scambiando le bianche mura della Cappella di San Giacomo con le uniformi, vi tira dentro 40 cannonate. I Cuneesi, dall’alto dei bastioni, commentarono con ironia: “L’han pià San Giaco per n’Alman” e la battuta diventerà un modo di dire, ancora attuale.
La distruzione non fu per niente apprezzata dalla popolazione.
Gli Austro-Russi sloggiarono i francesi dalla città il 3 dicembre 1799 approfittando del fatto che Napoleone era impegnato in Egitto con le sue truppe.
Si racconta che alle dame cuneesi piacevano più le uniformi bianche dei garbati ufficiali Austro-Russi che i petulanti Francesi dai pantaloni rossi sgualciti.
La vocazione dei Cuneesi per la libertà, che doveva divenire simbolo e bandiera della loro città, subì un duro colpo allorché Napoleone Bonaparte, 1° console, vincitore a Marengo, il 14 giugno 1800, consente, appena dopo 210 giorni, circa 7 mesi, il 30 giugno del 1800, il ritorno dei francesi a Cuneo e dispone perentoriamente la demolizione delle antiche inviolate mura.
L’ordine specifico di Napoleone per le fortificazioni di Cuneo fu emanato il 4 luglio 1800.
“Così quella famosa fortezza che già esisteva da centinaia d’anni fu ridotta in un mucchio di rottami nello spazio di 14 mesi.”
A settembre del 1801, le fortificazioni di Cuneo erano ormai un ricordo.
Di quel periodo merita ricordare alcuni avvenimenti:
Il 9 novembre del 1803 per la prima volta compaiano sul mercato di Cuneo le patate per cura dell’avvocato cuneese Vincenzo Virginio.
Il 12 agosto del 1809 passaggio e soggiorno a Cuneo del Papa Pio VII, prende alloggio nel palazzo del marchese Lovera Demaria, ritornava in Italia dalla Francia per essere portato nelle carceri di Savona. Per l’incolumità dei soldati carcerieri, da Nizza fu scelta la strada della valle Roja, anziché la più comoda litoranea. A Savona il Pontefice rimase prigioniero per più di 3 anni, in totale tra Savona e Fontainebleau Pio VII fece 1781 giorni di carcere rigoroso, 4,88 anni!
La seconda occupazione francese durò stabilmente per 14 anni, dal 1800 fino alla caduta di Napoleone, maggio 1814.
Invece il Pontefice, con la caduta di Napoleone, riprende il suo posto naturale a Roma ed il 17 luglio del 1817 mantiene la promessa fatta ai cuneesi istituendo il Vescovado a Cuneo.
8° Assedio dei Tedeschi: 8 settembre 1943, 29 aprile 1945.
È l’ultimo dei numerosi assedi della lunga storia militare di Cuneo. In tutti gli assedi il nemico era sempre arrivato dall’esterno, circondando le mura.
Dal 8 settembre 1943 al 29 aprile 1945 sono i cuneesi che entrano in città per liberarla dai tedeschi e fascisti. L’avvenimento, per alcuni storici, va inteso come l’ottavo assedio di Cuneo, d’altronde nella motivazione della medaglia d’oro al valor militare alla città di Cuneo è riportata questa frase:
Cinta d’assedio e presa d’assalto dagli stessi suoi figli partigiani, unendo all’impeto degli assalitori l’insurrezione concorde dei cittadini, con una battaglia di quattro giorni per le strade, seppe con le sole forze che aveva generate, risolvere l’abbraccio finale dell’ottavo assedio nel trionfo della Liberazione.
2000 Caduti, 1000 assassinati, 1200 invalidi, 1400 deportati costituiscono il gravoso tributo di eroismo offerto alla causa della fierissima Provincia Subalpina.
Le fortificazioni di Cuneo, alte in media 8 metri.
Il sistema difensivo della città alla fine del 1600 aveva raggiunto una configurazione tale da rendere la piazzaforte di Cuneo uno dei fulcri più importanti del sistema di difesa del Piemonte sud occidentale a ridosso della catena alpina. A questo traguardo si arrivò evidentemente per gradi. Le prime cinte difensive furono, infatti, delle semplici palizzate di legno e fossati. Successivamente le cinte furono migliorate costruendo dei veri muri, furono presi degli accorgimenti che garantivano il controllo delle persone che entravano dalle porte della città. Fu fatto in modo che il tracciato delle vie d’ingresso nella Villa seguisse un percorso obbligato facilmente controllabile dalla sommità delle scoscese ripe.
Le mura della cinta della massima estensione, la cui porta di accesso era denominata “porta Burgi vetus, correvano lungo la linea delle attuali vie Vittorio Amedeo II ed Emanuele Filiberto, di esse era rimasta una tarda traccia nel Theatrum Sabaudiae, tra queste due vie e Piazza Galimberti, il marchese di Saluzzo tra il 1289 ed il 1294, fece costruire il suo castello in modo da poter controllare la città.
Ma nel 1372 il Duca Galeazzo Visconti per vendicarsi contro i Cuneesi, dà il saccheggio alla città e riduce in rovina il borgato.
Dopo tale data le nuove fortificazioni saranno arretrate verso Nord all’altezza della chiesa di Santa Maria del Bosco (l’attuale cattedrale): un limite mai più oltrepassato.
Le mura furono arretrate, con una nuova porta di ingresso denominata “porta Burgi nova”,per non dovere riedificare gli edifici distrutti.
La conformazione del territorio agevolò non poco i lavori delle fortificazioni.
I lati del Gesso e della Stura presentavano un notevole dislivello naturale tra il piano della città e quello della campagna circostante.
Discorso diverso per il fronte meridionale, difficile da fortificare perché il dislivello era minimo, il problema, come vedremo successivamente, fu risolto realizzando trincee ad uso fossato con interposizione di mezzelune.
A fine cinquecento erano già costruiti sei Bastioni, due dislocati sul lato Gesso, tre sul lato Stura ed uno sul lato sud all’altezza dell’attuale Piazza Galimberti.
Sul lato Gesso c’era il bastione di San Giacomo a nord, quello dell’Olmo a sud e al centro del lato meridionale (imbocco dell’attuale Piazza Galimberti) quello detto della Vergine del Bosco.
Sul lato Stura c’era il Bastione di Sant’Anna a nord, i Bastioni di San Francesco e di Tutti i Santi al centro e il Bastione di Caraglio a sud.
Questo Bastione era situato all’altezza del ex Foro Boario, dominava colle sue artiglierie la strada che dalle Basse di Sant’Anna portava a Caraglio e Dronero. Il fortino di Caraglio era collegato, con quello detto della Vergine del Bosco (l’attualeDuomo) e proteggeva la porta della città che dalla Via Maestra (ora Via Roma) usciva alla campagna divenuta poi Corso Nizza; era a forma di triangolo colle sue controscarpe occupava buona parte dell’attuale Piazza Galimberti, il tutto era unito a forma di tenaglia verso Gesso mediante una cortina o solida muraglia alla ridotta detta dell’Olmo da cui si poteva battere tutto il lato di Gesso e sulla sua area saranno costruiti nel 1887 i Giardini Pubblici.
Tutto il sistema fortificato del lato sud, che va dal fortino di Caraglio a quello dell’Olmo era protetto da un profondo ed assai ampio fossato.
Il lato sud era sempre stato quello più critico della difesa, gli attacchi più pericolosi erano sempre venuti dalla pianura che si stende fino a Borgo San Dalmazzo.
Proprio tenendo conto di questo pericolo, all’altezza dell’attuale Corso Dante un grande trincerone correva dalla Stura al Gesso ed era difeso da tre mezze lune o fortini.
Sul lato Gesso, il completamento della tenaglia con il Bastione a nord denominato di San Giacomo si ebbe all’epoca del 4° assedio, cioè nel 1641.
Il fronte lungo-Stura fu realizzato nel 1690. Tutte le fortificazioni costituivano un pentagono irregolare. Dopo il 6° assedio del 1744 le fortificazioni furono migliorate e completate tra il 1795-98, in particolare il lato est che era il più vulnerabile, con la costruzione della mezzaluna tra i Bastioni dell’Olmo e di San Giacomo.
Per secoli, la difesa della città, su questo tratto, era stato un semplice muro a tracciato irregolare sotto il quale c’era il cosiddetto “rivasso” cioè una ripa scoscesa (rupe o burrone di circa 50 metri d’altezza) sotto la quale a quel tempo passava il torrente Gesso.
Dal lato Stura, all’altezza della chiesa di San Francesco, c’era il bastione di Tutti i Santi. In aperta campagna c’era il fortino di Stura o dei Filatoi dove sorgeva una fabbrica di panni. Tutto il lato da nord a sud era protetto da un profondo scoscendimento, che ora è tutto ricoperto di terra ed alberato.
Dal lato di Gesso si innalzava il fortino degli Angeli perché vicino alla strada che portava al Santuario della Madonna degli Angeli.
A metà tra i due, presso la strada di Demonte, c’era il fortino di Mezzo.
A protezione della città c’erano, mura, torri di osservazione (balfredo), fortini e mezzelune alti in media sugli otto metri, sui fortini erano piazzate le artiglierie in modo da battere tutta la campagna circostante.
L’intera cinta fortificata aveva due soli accessi, uno a nord, situato al centro del muro di cortina congiungente il Bastione di S. Anna con quello di S. Giacomo (in prosecuzione dell’odierna Via Fossano); l’altro a sud nella parte retrostante il Bastione della Vergine del Bosco.
Ai due accessi, denominati Porta Torino e Porta Nizza, si accedeva tramite ponti levatoi.
Prima del XVI secolo le Porte d’accesso alla Città erano quattro: a quelle menzionate va aggiunta ad ovest la Porta di San Francesco o Porta della gabella del sale e ad est la Porta di Boves.
Perché e quando le mura della città furono abbattute.
La “triplice cerchia di possenti mura” demolita in 14 mesi.
Fino alla Battaglia di Marengo del 14 giugno 1800, Cuneo fu una fortezza inespugnata. Dopo questa battaglia, vinta da Napoleone, le mura della città, come tutte le fortificazioni piemontesi, furono spianate,
“de manière à ce qu’il soint impossible de les rétablir”.
L’art. 70 della convenzione di Alessandria del 15 giugno 1800, stabiliva che le mura dovevano essere abbattute.
L’ordine specifico di Napoleone, per le fortificazioni di Cuneo, fu emanato il 4 luglio 1800, la Municipalità di Cuneo il 18 luglio ne approvava l’abbattimento della “triplice cerchia di possenti mura” che ebbe inizio cinque giorni dopo.
I primi reparti dei genieri francesi al comando del generale Pellettier, raggiunsero Cuneo ed il 23 luglio 1800 iniziarono le prime fasi di minamento dei due ponti d’ingresso alla città; al fine di eliminare i due punti chiave che avrebbero potuto costituire, in caso di ribellione, il perdurare della difesa della piazzaforte, nell’attesa della grande distruzione.
Su disposizione del generale Massena, comandante dell’Armèe d’Italie, l’onere economico per l’abbattimento delle fortificazioni fu ripartito tra i comuni di Cuneo, Saluzzo, Mondovì, Oneglia ed Alba, con una spesa totale di lire 234.010, per Cuneo l’onere fu di lire 68.416 (cifra tratta dal libro Cuneo da ottocento anni 1198-1998).
Per i lavori di demolizione, ogni giorno furono impiegati 1.500 uomini, 300 alle demolizioni e 1.200 ai trasporti.
Per ironia del destino, il ridotto di Gesso, che era stato costruito per ultimo sulla scarpata a picco denominato “rivasso”, (dopo lo scampato pericolo dell’assedio del 1744), fu demolito per primo!
Successivamente al Bastione di S. Giacomo, fu demolito quello di S.Anna, poi i Bastioni dell’Olmo, di Caraglio, di S. Francesco e Tutti i Santi.
A settembre del 1801, le fortificazioni erano ormai un ricordo, anche se piccola traccia è ancora rimasta sul lato stura, sulla scarpata di fronte l’ex ospedale e sul lato gesso nella zona degli ex lavatoi pubblici.
“Così quella famosa fortezza che già esisteva da centinaia d’anni fu ridotta in un mucchio di rottami (macerie) nello spazio di 14 mesi.”
Poteva così placarsi lo spirito del Re Luigi XIV che non aveva saputo darsi pace per lo scorno, che la piccola città piemontese aveva inflitto nel 1691 alle sue armi vincitrice in tutte le altre terre d’Europa.
Cuneo dopo il 1802.
Dopo l’abbattimento delle mura con tutti i suoi bastioni, rivellini e fortini, Cuneo, da città fortezza, diventa città moderna e aperta al territorio.
Il piano regolatore francese del 1802 “Plan et Projet d’aggrandissemen et embellissement” determinerà un grandioso e impegnativo cambiamento della fisionomia urbana della città, che la porterà ad essere come oggi la vediamo.
Ma questa è un’altra storia …
Gennaro Russo
Bibliografia:
Il lettore che desidera approfondire gli argomenti trattati può leggere i seguenti libri:
Lorenzo Bertano, Storia di Cuneo. Medio evo (1198-1382), II, Cuneo 1898,
Piero CAMILLA, Cuneo 1198-1382, Biblioteca della Società per gli Studi Storici Archeologici e Artistici della Provincia di Cuneo, 1970;
Piero CAMILLA, Cuneo storielle e storia di del 1982, SASTE, Cuneo;
Piero CAMILLA e Rinaldo COMBA, Le storie della Città Società per gli Studi Storici della Provincia di Cuneo. Anno 1999. Commissione VIII centenario del Comune di Cuneo;
Camillo FRESIA, Il tedesco Federico Leutrum e l’assedio del 1744;
Camillo FRESIA, Baron litron dalla storia alla leggenda;
Camillo FRESIA, Vecchia Cuneo. Miscellanea Cronistoria.
Camillo FRESIA, La quinta palma: Il Piemonte sotto Vittorio Emanuele II;
Sebastiano Maccario, Cronologia Storica della Città di Cuneo, dalla sua fondazione al 1889;
Aldo A. Mola, Storia di Cuneo 1700 – 2000, Editrice Artistica Piemontese, febbraio 2001;
Riccardo PEZZANO e Arturo ROSSO, Cecilia da Caraglio, Liceo Classico di Cuneo, 1998, Centro stampa della Provincia di Cuneo;
Giovan Francesco REBACCINI, La più antica cronaca di Cuneo, a cura di P. Camilla, Cuneo 1981
Alfonso Maria RIBERI, S.Dalmazzo di Pedona e la sua abbazia (Borgo San Dalmazzo), Torino 1929 (Bibl. Soc. Stor. Sub., CX)
Maurizio RISTORTO e Giorgio BELTRUTTI, La Madonna dell’Olmo 1593-1993, Edizioni AGAMI del 1993;
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Nella stesura di quanto scritto mi è stato di grande aiuto la collaborazione e la preparazione storica di Janot (Giovanni) Bruno, per molti lustri abitante, in Cuneo Vecchia.
Voglio precisare che nel mio libro la storia di Cuneo c’è una notizia che non troverete in nessun altro libro di storia cuneese.
La mia scoperta è questa:
tuttora le divise di un reggimento dell’esercito spagnolo, che combatterono a Madonna dell’Olmo in quel lontano 1744, sono ornate da uno scudetto su cui in alto c’è scritto “MADONNA DEL OLMO” e in basso “LUSITANIA TESSERA OMNI ARMATURA FORTIER”.
In data 5 marzo 2001, ho regalato, alla Biblioteca della Società per gli Studi Storici Archeologici e Artistici della Provincia di Cuneo, copia di tutta la documentazione che mi è arrivata dalla Spagna che è la seguente:
la storia del Reggimento Lusitania “Resena històrica del antiguo Regimiento de Cazadores de Victoria Eugenia“;
Tutta la documentazione mi arrivò, alla caserma Perotti di Fossano, il 2 giugno 2000, proveniente dal Kosovo (Gorazdevac) per interessamento di un mio amico il Tenente Colonnello Francesco Figliuolo del 1° reggimento, 1° Gruppo Artiglieria da Montagna Aosta.
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