Articolo inviato ai settimanali di Cuneo La Guida e Cuneo-sette e al mensile di Cuneo Vivermeglio
Cuneo 16 dicembre 2009
Dall’inferno al Monviso: la storia di “Giacu Cayenna”
Mi è capitato di leggere un libro appena arrivato alla Biblioteca di Cuneo, dal titolo accattivante e significativo: Dall’inferno al Monviso: la vera storia di “Giacu Cayenna”, edito dalla casa editrice LAReditore di Perosa Argentina.
E’ un libro di 208 pagine, con molte fotografie dell’epoca, che si lascia leggere tutto di un fiato; narra la storia di Giacomo Bernardi nativo di Ostana (paesino situato a 1250 ai piedi del Monviso). E’ una storia affascinate e che parrebbe quasi incredibile se non fosse stata così ben documentata dal diario dell’autore scritto in quel lontano 1934 e rimasto in un cassetto fino ai giorni nostri .
In questo diario Giacomo Bernardi racconta i suoi anni vissuti in carcere, in particolare in uno dei penitenziari più duri di quel tempo: il bagno penale della Cayenna nella Guyana Francese.
Tutto inizia quando Giacomo Bernardi, il 9 giugno del 1923, all’età di 15 anni, emigra con tutta la famiglia in cerca di lavoro vicino alla città di Marsiglia; tre anni dopo, nel 1926, a 18 anni, avviene il fatto criminoso che segnerà tutta la sua vita, durante un violento diverbio, uccide involontariamente un giovane italiano, con il lancio di una pietra.
Nel 1927 viene incriminato e l’anno successivo inizia la detenzione nella terribile centrale di Fontevrault. Nel 1929, nonostante fosse minorenne e incensurato, la Corte di Assise di Aix en Provence lo condanna a dieci anni di lavori forzati e a vent’anni di interdizione dal suolo francese.
Il 22 febbraio del 1930 a La Rochelle, sempre in Francia, viene imbarcato sul famigerato piroscafo “La Martinière” con altri 640 condannati e sbarca il 18 marzo 1930 in Guyana, a San Lorenzo del Maroni dove il suo nome e cognome, da quel giorno, viene cancellato per diventare: matricola 50576.
Inizia così il suo calvario con due idee fisse nella memoria: salvare la pelle e tentare il possibile e l’impossibile per conquistare la libertà.
Trascorrono tre anni di privazioni e sofferenze finché insieme ad otto compagni di sventura mette in pratica il sogno di tutti i condannati alla Cayenna, che è forse quello di tutti i carcerati: fuggire.
Il 16 aprile 1933 all’età di 25 anni evade via mare, l’alternativa attraverso la foresta fu scartata, in pieno accordo con i compagni, perché sarebbero certamente morti tutti, come era successo a decine di fuggiaschi, oppure li avrebbero riacciuffati il che era quasi peggio.
Affrontarono l’Atlantico e le sue tempeste con una imbarcazione di fortuna, usando come vela i pantaloni! Gli otto coraggiosi riescono in questo modo ad arrivare all’isola di Trinidad e infine approdano in Colombia, uno Stato che garantiva la possibilità di salvarsi.
Fu una fuga senza fine, un viaggio disperato tra peripezie e pericoli di ogni genere, soprattutto quello di essere restituiti ai francesi.
Il 24 settembre sempre del 1933 da Barranquilla in Colombia, con la motonave Orazio, viene rimpatriato raggiungendo Genova l’11 ottobre.
Dopo brevi soggiorni nelle carceri di Genova, Alessandria e Cuneo, scortato dai carabinieri, risale la Valle Po ed arriva a Ostana nel giorno della festa di San Martino, esattamente un mese dopo che aveva messo piede in Italia, era l’11 novembre 1933, dopo 229 giorni di incredibili avventure.
Da quel momento a Ostana, che a quel tempo superava i mille abitanti, Giacomo Bernardi diventa per tutti Giacu Cayenna.
Chi leggerà questo libro sarà portato, per forze di cose, a fare paragoni con il libro scritto da un altro forzato ormai famoso, alludo a Henri Charrière detto Papillon, reso ancor più famoso dopo l’uscita del film dal titolo omonimo e grazie alle efficaci interpretazioni di due attori dal calibro del compianto Steve McQueen (Papillon) e di Dustin Hoffman.
Ebbene quando nel 1969 uscì il Papillon di Charrière, ho scoperto che Giacomo Bernardi lo lesse e annotò nel frontespizio: “ Chiunque legga questo libro non si faccia falsi concetti. La medaglia ha due facce. Il detto Papillon, al bagno penale non ha mai visto nessuna delle due facce della medaglia. Il suo racconto non ha né intrecciato fatti né fatto sentire al lettore quel pizzico di credulità. Tranne qualche fatto di poca importanza ingarbugliato e contorto”.
Traspare in questo sfogo anche la delusione che il suo diario, scritto nel 1934, un anno dopo il suo ritorno, e forse prima di quello di Henri Charrière uscito nel 1969, che rimarrà in un cassetto senza riuscire a vedere realizzato il suo sogno di pubblicare i ricordi della sua vita, Giacomo Bernardi infatti morirà nel 1974.
Del libro sono rimasto impressionato e da come è scritto non si direbbe che Giacu avesse appena frequentato la terza elementare.
Il libro è la fedele trascrizione del manoscritto composto di una curiosa lingua ricca di piemontesismi, vocaboli francesi e spagnoli, a tratti in un italiano stentato e a tratti con frasi e riflessioni degne di un grande scrittore, così scrive la nipote Livia Bernardi, che ha il grande merito di aver curato l’immane lavoro di trascrizione di tutto il diario facendo così diventare realtà il sogno di suo Nonno Giacu.
Voglio credere che a questo punto anche Nonno Giacu nell’aldilà sarà sicuramente soddisfatto.
Gennaro Russo
gerusso@hotmail.com